Epica

ENEIDE

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L’ ENEIDE è il più importante poema epico del mondo latino. Fu scritto da Virgilio nella seconda metà del 1° sec. a.C., il poema narra  le gesta di Enea, eroe troiano, sopravvissuto alla distruzione della sua città  e in cerca di una nuova patria. Scopo del poema è celebrare la grandezza di Roma e lo fa attraverso le peripezie e le guerre sostenute da Enea ritenuto l’antenato di Romolo fondatore di Roma, figlio della dea Venere, fondò la gens iulia, alla quale apparteneva  Augusto. Enea è l’eroe romano per eccellenza, pone al di sopra di ogni cosa l’amore per la patria, obbedisce al volere degli dei e pur di fondare Roma è pronto a sacrificare i propri affetti e a rinunciare all’amore. L’autore, Publio Virgilio Marone, nasce nel 70 a.C. ad Andes  (Mantova ), compose  le Bucoliche, una raccolta di dieci poemetti sul mondo pastorale. Virgilio nel 37 a.C. scrisse le Georgiche un’opera la cui esalta l’agricoltura e la vita da contadino; a partire dal 31 a.C. fino alla sua morte Virgilio si dedicò alla sua opera più importante l’Eneide. Durante il viaggio in Grecia Virgilio  si ammalò e morì nel 19 a.C., si racconta che egli chiese di bruciare l’Eneide non ritenendola ancora perfetta, ma il suo desiderio non fu esaudito infatti l’opera venne resa pubblica dai suoi più cari amici. Eneide è un poema epico in esametri ,12 libri , narra le guerre sostenute da Enea , per volere del fato , per fondare nel Lazio la nuova patria , da cui nascerà Roma : la prima parte racconta i viaggi e le avventure di Enea e richiama i temi dell ‘Odissea ; la seconda parla della guerra tra Troiani e Latini e ricorda l’Iliade.

 

Parafrasi dell’Odissea

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La palla dunque la regina lanciò ad un’ancella,

mancò l’ancella, e lanciò la palla nel fiume profondo.

Esse lanciarono un lungo grido che svegliò Odisseo luminoso,

e seduto rifletteva nell’anima e nel cuore:

<< Ahimè,nella terra di quale popolo sono arrivato?

forse violenti, selvaggi e senza giustizia,

oppure sono ospitali e devoti agli dei?

Mi è giunto un grido che sembrava di fanciulle giovani;

sono ninfe, che vivono sulle cime scoscese dei monti,

nelle sorgenti dei fiumi, nei pascoli erbosi?

Oppure sono vicino a esseri umani parlanti?

via allora, andrò a vedere e lo scoprirò>>.

così dicendo, sbucò da sotto i cespugli Odisseo,

dal folto dei boschi prese un ramo con molte foglie con la sua mano forte,

staccò per coprire la sua nudità.

E si mosse come un leone nutrito sui monti, sicuro della sua forza,

che va tra il vento e la pioggia; i suoi occhi

erano come il fuoco. si getta tra vacche, tra pecore,

tra cerve selvagge; spinto dalla fame ,

sarebbe entrato entrato anche in un recinto ben chiuso.

Così Odisseo si stava per mescolarsi  tra le ragazze dai bei riccioli

anche se nudo, perché aveva bisogno.

Apparve ad esse spaventoso, sporco di salsedine,

esse fuggirono di qua e di là per la spiaggia.

Rimase sola la figlia di Alcinoo, perché Atena

le aveva dato coraggio, e le aveva tolto il tremore dal corpo.

Restò dritta, aspettandolo: Odisseo era indeciso

se inginocchiarsi, pregando la fanciulla dagli occhi belli,

o con parole dolci, rimanendo fermo e lontano

che il suo popolo gli desse una veste e gli dicesse la via di casa.

Riflettendo gli sembrò che la cosa migliore fosse

di pregarla da lontano, con parole dolci,

poiché lei si sarebbe potuta sdegnare se le avesse toccato le ginocchia.

e subito amabilmente disse:

<< Io m’inchino, signora: tu sei una dea o sei una mortale?

Se sei una dea, di quelle che ci sono nel vasto cielo,

sei Artemide, di certo, la figlia del potente Zeus,

vedendo la tua bellezza.

Ma se sei mortale, di quelli che vivono sulla terra,

che siano beati tre volte il padre e la madre,

tre volte beati i fratelli: perché di sicuro gli gioisce il cuore vedendoti,

quando vedono un simile bocciolo danzare.

ma soprattutto sarà beato nel cuore

chi ti ricoprirà di doni, e ti farà sua sposa.

non ho mai visto una simile cosa con gli occhi,

né uomo, né donna: tanto che sento un profondo rispetto nel guardarti.

ieri sono sopravvissuto dopo venti giorni al nero mare:

le onde mi hanno portato qui insieme alle terribili tempeste,

dall’isola di Ogigia;

Il ciclope Polifemo

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250 Così Polifemo finì velocemente il lavoro,

accese il fuoco, ci vide e ci chiese:

: «chi siete? Da quale mare venite?

Vagate sul mare per affari o a caso,

come i pirati che vagano

255 rischiando la loro vita e arrecando danni agli stranieri? ».

Disse così e a noi ci spezzò il cuore,

spaventati dalla sua profonda voce e dalla sua mostruosità.

E rispondendo gli dissi queste parole:

: «siamo Achei, di ritorno da Troia! Per volere di Zeus siamo stati trasportati

260 da diversi venti sulla vastità del mare ,

abbiamo percorso diverse vie

ma siamo desiderosi di ritornare a casa.

Ci vantiamo di essere  figli dell’ Atreo Agamennone,

che gode di una grandissima fama nella terra:

265 infatti ha distrutto la grande città e

ha sterminato molta gente. Noi, qui presenti, ci inginocchiamo davanti a te,

semmai volessi accoglierci o darci  un dono diverso,

secondo le regole dell’ospitalità.

O Tu, potente che onori gli dei: ti preghiamo di aiutarci.

270 Così gli dissi, Zeus rende giustizia a coloro che lo implorano,

è il Dio dell’ospitalità e protegge gli stranieri degni di rispetto».

Lui mi rispose subito con parole dure:

: «tu che mi inviti a temere o ad evitare gli dei,

devi essere sciocco o venire da molto lontano.

275 Ma noi Ciclopi non temiamo né  Zeus

né gli dei, perché noi siamo molto più forti.

Per evitare l’ira di Zeus non risparmierei

né te né i tuoi compagni, se l’ animo non me lo chiede.

Dimmi dove si trova la tua nave imponente,

280 se è lontana o se è vicina, così che io possa saperlo».

Polifemo pronunciò queste parole per mettermi alla prova: ma non riuscì ad

ingannarmi perché ho esperienza .

Così gli replicai queste parole false: «Posidone, colui che fa tremare la terra, mi ha

distrutto la nave che ha gettato contro gli scogli, spingendola su un promontorio,

285 ai confini del vostro paese: il vento ci ha trascinati  dal largo del mare.

Ma io e i miei compagni, abbiamo evitato la rovinosa morte».

Dissi queste parole ma egli non mi rispose e con brutalità

all’ improvviso tese le mani sui miei compagni,

ne afferrò due di loro e li scagliò per terra come fossero dei cuccioli:

290 : la terra fu cosparsa del loro cervello che bagnò il suolo.

Smembrò ogni singola parte del loro corpo e si preparò per  la cena:

: mangiava come un leone di montagna, non lasciava niente né interiora, né carne, né

ossa con il midollo.

Vedendo questa terribile azione, iniziammo a piangere con le mani  rivolte verso

295 Zeus: ci sentivamo impotenti.

L’INCONTRO CON POLIFEMO -PARAFRASI

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Il gigante dopo aver finito velocemente il suo lavoro accese il fuoco,accortosi di noi stranieri ci chiese: chi siete? venite dal mare? navigate per affari oppure sensa meta, come i banditi che girano e rischiano la loro vita portando danni agli altri? Quando il mostro parlò  a noi si infranse il cuore perchè impauriti dalla sua voce profonda e dalla sua grandezza. Anche se impauriti spiegarono chi erano dicendo siamo Achei in ritorno da Troia, portati da un naufraggio e desiderosi di ritornare a casa dopo  aver percorso tante rotte e tappe volute da Zeus. Ci vantiamo di essere discendenti di Achea la cui notorietà ora è grandissima, anche se ha  annientato tanta gente. Noi siamo giunti fino a qui e ci inginocchiamo davani a te, se tu ci darai ospitalità , uomo importante ascolta i  tuoi dei, noi ti preghiamo di aiutarci. Zeus è un Dio rancoroso verso chi prega, ma degno di rispetto per gli uomini stranieri. Appena detto così, il gigante replico’ con cuore duro che  i ciclopi  non erano  per niente ospitali e che disprezzavano  gli dei , lui vantandosi del suo carattere selvaggio e replicando che i ciclopi non veneravano Zeus egida o gli altri dei perchè sono più forti,e per evitare l’ira di Zeus  non risparmierei ne te ne i miei compagni. Straniero dove hai lasciato la tua nave per venire qui? Il gigante chiese della nave per metterci alla prova , ma non riusci a ingannarci così disse che l’aveva distrutta Poseidone sbattendola  contro gli scogli  e  portandola via a largo, evitando la rovinosa morte.  Il gigante infuriato afferò due uomini e li lanciò a terra con grande forza, il cervello si sparse e sporcò il terreno.Li squartò pezzo per pezzo per preparare la sua cena, mangiava come un leone selvaggio sensa lasciare nulla . I restanti uominin alzarono le mani a Zeus nel vedere la terribile azione compiuta dal ciclope, a ciò erano impotenti.

Parafrasi: Il ciclope Polifemo

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Dopochè velocemente finí il suo lavoro, ecco che accese il fuoco e ci vide, ci chiese: ” Stranieri, chi siete? Da dove venite attraverso il mare? Per affari o a caso vagante sul mare, come i predoni che vagano rischiando la vita, portando danno agli stranieri?” Disse così,  e a noi si spezzò il cuore, atterriti dalla voce profonda e da lui, dal mostro. Ma anche così rispondendo con parole gli dissi:” Siamo Achei, di ritorno da Troia! Deviàti da venti diversi sul grande abisso del mare, desiderosi di arrivare  a casa, altre rotte  e altre tappe abbiamo percorso: il responsabile di certo è Zeus.  Ci vamtiamo di essere la gente del figlio di Atreo Agamennone,  la cui fama sotto il cielo è grandissima ora: così la grande città,  infatti,  ha distrutto e molte genti ha annientato.  Noi, qui venuti, ci inginocchiamo davanti a te, semmai ci ospitassi o  ci dessi anche un diverso regalo, quale è norma tra gli ospiti. O potente, onora gli dei: ti preghiamo di aiutarci. Vendicatote di supplici e ospiti è Zeus,  il dio ospitale che scorta i degni di rispetto stranieri”.  Dissi così,  lui subito mi rispose con cuore spietato:” Sei sciocco o straniero o vieni da molto lontano, tu che mi inviti a temere o a evitare gli dei. Ma i Ciclopi non curano Zeus egìoco o goi dei beati, perché siamo molto più forti. Per schivare l’ira di Zeus non risparmierei  nè te nè i compagni, se l’anonimo non me lo ordina. Ma dimmi dove hai fermaro, venendo, la neve ben costruita, se in fondo o in un luogo vicino, perché io lo sappia”. Disse così per mettermi alla prova: ma non m’ingannò, ne so tante. E di nuovo gli dissi con parole Ingann

evoli:” La nave me l’ha fracassata Poseidone che scuote la terra, gettandola contro gli scogli, ai confini del vostro paese, spingendola su un promontorio: il vento la portava dal largo. Io però, con costoro,  ho evitato la rovinosa morte”. Dissi così,  ed egoi non mi rispose, con cuore spietato, ma d’ un balzo allungò sui miei compagni le mani, ne afferrò due a un tempo e li sbattè come cuccioli a terra: si sparse a terra il cervello, e bagnò il suolo. Li squartò membro a membro e aporestava la sua cena: mangiava come un leone ctesciuto sui monti, niente lasciava, interiora, caeni e ossa con il midollo. Noi piangendo alzammo a Zeus le mani, vedendo la terribile azione: eravamo impotenti.

IL CICLOPE POLIFEMO: PARAFRASI

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IL CICLOPE POLIFEMO

L’ INCONTRO CON POLIFEMO

Dopochè sveltamente fini’ il suo lavoro,

ecco che accese il fuoco e ci scorse, ci chiese

<<Stranieri, chi siete? da dove venite per le liquide vie?

Per affari o alla ventura vagate

sul mare, come i predoni che vagano

rischiando la vita, portando danni agli estranei?>>

Disse cosi’ e a noi spezzo il caro cuore

atterriti dalla voce profonda e da lui , il mostro.

Ma anche cosi’ rispondendo con parole gli dissi:

<<Siamo Achei, di ritorno a Troia! deviati

da  venti diversi  sul grande abisso del mare

bramosi di giungere a casa, altre rotte e altre tappe,

abbiamo percorso:a voluto disporre cosi’ certo Zeus

ci vantiamo d’ essere gente dell’ Atride Agamennone

la cui fama sotto il cielo è grandissima ora

cosi’ la grande città , infatti ha distrutto e molte genti

ha annientato. Noi qui venuti, ci gettiamo,

alle tue ginocchia se mai ci ospitassi o ci dessi

anche un diverso regalo, quale norma è tra gli ospiti.

O potente onora gli dei: siamo tuoi supplici

vendicatore di supplici e di ospiti è zeus

il dio ospitale che scorta i venerandi stranieri.

dissi cosi’, lui subbito mi rispose con cuore spietato:

<<Sei sciocco o straniero, o vieni da molto lontano,

tu che mi inviti a temere o a schivare gli dei.

Ma i ciclopi non curano zeus e gioco

o gli dei beati, perchè siamo più forti di loro

per schivare l’ ira di Zeus non risparmierei

ne te ne i compagni, se l’ anima non me lo ordina.

Ma dimmi dove hai fermato, venendo, la nave ben costruita

se in fondo o in un luogo vicino, perché  io lo sappia>>

Disse così per provarmi: ma non m’ inganno, ne so tante.

E di nuovo gli dissi con parole ingannevoli

<<la nave me l’ ha fracassata Poseidone che scuote la terra

gettandolo conto gli scogli, ai confini del vostro paese,

spingendola sul promontorio: il vento la portava dal largo.

Io però, con costoro, ho evitato la ripida morte>>

Dissi così, ed egli non mi rispose con cuore spietato

ma d’ un balzo allungò sui miei compagni le mani

né afferrò due a un tempo e li sbatte come cuccioli

a terra: sprizzò  terra il cervello, e bagnò il suolo.

Parafrasi:

L’ INCONTRO CON POLIFEMO

Quando finii il suo lavoro

accese il fuoco e ci chiese

<< stranieri chi siete e da dove venite?>>

per affari o alla avventura andate

sul mare, come i pirati che vanno

rischiando la vita portando danno agli estranei?>>

disse cosi, e a noi si spezzo il cuore,

spaventati dalla voce profonda e da lui, dal ciclope

Ma anche così rispondendo gli dissi:

<<Siamo Achei , di ritorno da Troia! deviati

da molti venti sul mare,

desiderosi di giungere a casa, molte altre rotte e tappe

abbiamo percorso: ha voluto disporre Zeus.

Ci vantiamo di essere gente del Atride Agamennone ,

si conosce da per tutto sulla terra:

così Troia ha distrutto molte città e molte genti

uccise. Noi arrivati da te ci gettiamo

ai tuoi piedi se ,ai ci ospitassi o ci dessi anche qualche altra cosa,

come accogli ospiti?

O potente onora gli dei : siamo tuoi supplici.

Zeus è vendicatore di supplici e di ospiti

il dio ospitale che scorta i saggi anziani stranieri>>

dissi così, lui subito mi rispose con cuore spietato

<<Sei sciocco straniero tu che vieni da molto lontano

mi inviti a temere e a schivare gli dei

ma i ciclopi non curano Zeus

o gli dei perché noi siamo più forti di essi.

per evitare l’ ira di Zeus non risparmierei

ne te ne i tuoi compagni, se non lo voglio.

ma dimmi hai arroccato la tua nave

vicino o in fondo?>>

Disse così ma non mi inganno.

E di nuovo gli dissi con parole ingannevoli:

<<la nave me  la fracassata Poseidone,

gettandola contro gli scogli, ai confini del vostro paese

spingendola su un promontorio: il vento la portava al largo.

io però con gli dei ho evitato la morte>>.

dissi così egli però non mi rispose con cuore spietato.

ma inaspettatamente allungò le sue mani sui miei compagni

ne afferrò due e li sbatte a terra come cuccioli,

sprizzo a terra il cervello , e bagnò il suolo.

 

 

 

 

 

Parafrasi: Ettore e Andromaca

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Ettore sorrideva silenziosamente, guardando suo figlio.

Andromaca, sua moglie, gli si avvicinò piangendo

e dicendogli queste parole:

” Infelice, non hai pena di tuo figlio

e di me che resterò vedova, perchè i Greci ti uccideranno.

Sarebbe meglio morire che restare senza di te;

perchè se tu muori non avrò altro amore

ma pene! Non ho padre nè madre

pechè Achille li ha uccisi.

Ettore, sei per me tutta la mia famiglia;

abbi pietà rimani,

non rendere tuo figli orfano e tua mogli vedova”.

Allora Ettore le rispose: ” Moglie, anche io penso a tutto questo, ma

mi vergogno dei Troiani e delle donne Troiane

se mi comporto da vigliacco e non vado a combattere.

Il mio cuore non vuole, perchè ho imparato a essere forte

a combattere tra i primi,

dando gloria a me steso e a mio padre.

dentro il mio animo io lo so:

Verrà il giorno in cui Troia verrà distrutta,

e Priamo con la sua gente:

Ma non soffrirò per loro,

nemmeno per i miei genitori

e i miei fratelli che cadranno valorosamente

a causa dei nemici,

quanto per te, che qualche Greco dall’armatura di bronzo,

ti porterà via, facendoti prigioniera:

allora dovrai tessere per altri,

e attingere l’acqua dalle fonti,

costretta a umili lavori.

E qualcuno, vedendoti piangere dirà:

“Ecco la mogli di Ettore, che era il più forte dei troiani!”

E questo per te sarà un nuovo dolore

senza l’uomo che avrebbe impedito la tua schiavitù.

Preferisco essere morto prima

di sentire le tue grida e il tuo rapimento”

E così dicendo,allungò le braccia verso il figlio:

ma il bambino si strinse al petto della balia

gridando per l’aspetto del padre,

spaventato dall’armatura e dall’elmo.

Ettore e Andromaca sorrisero.

e subito Ettore si tolse l’elmo,

e lo posò a terra;

prese in braccio il figlio adorato e lo baciò

pregando Zeus e gli altri dei,dicendo:

“Zeus e voi dei fate in modo che mio figlio

cresca come me, illustre tra i Troiani

forte, regnando come un re;

e qualcuno dico un giorno: “E’ più forte di suo padre!

quando tornerà dalla battaglia. Porti i cadaveri

dei nemici e sua madre sia fiera di lui!”.

Dopo aver detto ciò mise il bambino

in braccio a sua moglie; e lui lo strinse a sé,

sorridendo tra le lacrime; Ettore lo guardò con tenerezza,

L’accarezzò e gli disse:

“Povera,non ti affliggere troppo!

nessuno potrà uccidermi contro il destino;

ma al destino nessun uomo può opporsi,

valoroso e vigliacco che sia.

Adesso torna a casa e occupati dei tuoi lavori;

ordina alle ancelle di battere al lavoro; alla guerra penseremo

io e tutti i Troiani”.

PARAFRASI: L’EROISMO DEL TROIANO ETTORE

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Ettore guardò il bambino  sorridendo, Andromeda si avvicinò piangendo, lei gli prese la mano e disse: tu non hai compassione né di me né di mio figlio, presto i greci ti uccideranno e io senza di te e senza nessun altro al mondo e meglio che muoia .Ettore ,tu per me sei un padre, una madre e un fratello,tu sei il mio giovane sposo;dunque abbi pietà, rimani a difendere la tua famiglia . Ma Ettore era un grande eroe e pur amando Andromaca e suo figlio ,le disse: anch ‘io penso a tutto questo ,ma mi vergogno se lascio i troiani da soli in guerra .Anche se nel mio cuore so che Troia verrà distrutta la mia pena non sarà per i troiani ne per il re Priamo o per sua moglie ,ma per te,che sicuramente diventerai schiava dei Greci costretta a tutto .Quando ti vedranno piangere diranno ecco la sposa di Ettore,che era il più  forte a combattere fra i troiani! Spero di essere già morto quando tutto questo avverrà .E dicendo così ,tese le braccia al figlio e lo portò al petto,ma il bimbo si spaventò per via dell’armatura di bronzo e dell’elmo pieno di crini di cavallo che vedeva ondeggiare.Ettore sorrise e si tolse l’elmo e lo pose a terra, poi baciò il figlio e lo abbracciò e disse rivolgendosi a Zeus e gli altri dei :fate che sia valoroso e coraggioso come me e che un giorno tutti dicano che sia più forte di suo padre, che torni dalle guerre con spoglie insanguinate ! Dopo che disse così mise il bimbo in braccio alla madre che lo strinse al seno profumato, Ettore si intenerì a guardarla l’accarezzò e disse: non ti affliggere nessuno potrà uccidermi non si può andare contro il destino se non è scritto così,torna a casa pensa al tuo lavoro alla guerra ci pensano gli uomini .Ettore riprese l’elmo e si allontanò ,la moglie  con il figlio tornò a casa e raccontò tutto alle ancelle che sentivano nel cuore un fosco presagio :temevano che l’eroe non sarebbe più tornato .

Iliade-parafrasi-L’eroismo del Troiano Ettore

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Egli guardando il bambino sorrise in silenzio ma Andromaca piangendo gli prese la mano e disse- misero il tuo coraggio ti uccidera non hai compassione per tuo figlio che vedeva diventerò perché  ti uccideranno. Meglio scegliere di morire se tu muori perché non ho i genitori. Perciò per me ci sei solo tu quindi abbi pietà- E allora Ettore disse- anch’io penso questo ma devo sconfiggere i greci perché non voglio perdere l’onore anche se troia verrà distrutta. Non avrò dolore neanche per Priamo. Quanto a te qualcuno ti portera nell’Argo e qualcuno ti dirà- Ecco la sposa di Ettore- – Ettore andò ad abbracciare il bambino però il bambino si spaventò. Quindi Ettore si levo l’elmo e baciò il bambino e disse- fatelo diventare più forte di me- poi abbracciò la madre e disse- non ti affliggere per me! vai a casa e fai  il tuo lavoro che alla guerra ci pensano i maschi-.

L’eroismo del troiano Ettore

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Ettore, guardando il bambino, sorrise in silenzio: ma Andromaca si avvicinò piangendo, e gli prese la mano, parlò così: “Infelice, il tuo coraggio ti ucciderà, tu non hai compassione per tuo figlio così piccino, di me, che sarò presto vedova, presto ti uccideranno gli Achei, balzandoti contro tutti: oh, meglio per me morire, priva di te; perché nessun’ altra dolcezza, se tu muori, avrò mai, solo pane! Non ho il padre, non ho la madre. Mio padre l’ha ucciso il glorioso Achille…

Ettore, tu sei per me padre e madre e fratello, tu sei il mio giovane sposo; ah, dunque abbi pietà, rimani qui sulla torre, non fare tuo figlio orfano, vedova la sposa;…”

E allora grande Ettore, elmo abbagliante, le disse:

“Donna, anch’io, si, penso a tutto questo; ma ho troppa vergogna dei Troiani, delle Troiane dalle lunghe vesti, se resto come un vile lontano dalla guerra. Né lo vuole il mio cuore, perché ho appreso a esser forte sempre, a combattere in mezzo ai primi Troiani, al padre procurando grande gloria e a me sesso. Io lo so bene questo dentro l’anima e il cuore: verrà il giorno che Troia verrà distrutta, e Primo, e la gente di Priamo buona lancia: ma io non avrò tanto dolore per i Troiani, non per la stessa madre, non per il re Priamo, e non per i fratelli, che molti e forti cadranno nella polvere per mano dei nemici, quanto per te, che qualche acheo dall’armatura di bronzo, trascinerà via piangente, privandoti della libertà: allora, vivendo in Argo, dovrai tessere per altri e attingere l’acqua, costretta a tutto: grave destino sarà su di te.

E dirà qualcuno che ti vedrà lacrimosa:

“Ecco la sposa d’Ettore, che era il più forte a combattere fra i Troiani domatori di cavalli, quando lottavano per Troia!” Così dirà allora qualcuno; sarà un nuovo strazio per te, priva dell’ uomo che avrebbe potuto impedire che tu venissi resa schiava. Ettore si augura di essere morto prima di sentire le urla della moglie e di sapere che è stata fatta schiava.” E dicendo così, Ettore tese al figlio le braccia: ma indietro il bambino, sul petto della balia bella cintura si piegò con un grido, atterrito all’aspetto del padre, spaventato dal bronzo e sulla cima dell’ elmo c’erano crini di cavallo, per spaventare i nemici, che vedeva ondeggiare terribile in cima all’elmo. Sorrise il padre, e la madre, e subito Ettore illustre si tolse l’elmo di testa, e lo posò scintillante per terra; e poi baciò il caro figlio, lo sollevò fra le braccia, e disse, supplicando Zeus e gli altri dei: “Zeus, e tutti gli dei, fate che cresca mio figlio, così come sono io, illustre tra i Teucri, così gagliardo di forze, e regno sovrano su Troia; e un giorno dica qualcuno: “E’ molto più forte del padre!”, quando verrà dalla lotta. Porti egli le spoglie insanguinate del nemico abbattuto, goda in cuore la madre!” Dopo le disse così, mise in braccio alla sposa suo figlio; e lei lo strinse al seno profumato, sorridendo tra il pianto; s’intenerì lo sposo a guardarla, l’accarezzò con la mano, le disse parole, parlò così: “Misera, non ti affliggere troppo nel cuore! nessuno contro il destino potrà uccidermi; ma la personificazione de destino, ti dico, non c’è uomo che possa evitarla, sia valoroso o vile, dal momento che è nato. Su, torna a casa, e pensa all’opere tue, telaio, e fuso; e alle ancelle comanda di badare al lavoro; alla guerra penseranno gli uomini e io soprattutto”.

Quando finì di parlare, Ettore riprese l’elmo e si allontanò. Andromaca invece con il suo bambino tornò verso casa, ma continuamente lungo il cammino si voltava indietro, piangendo vedere il duo sposo andarsene lontano. Quando fu ritornata, raccontò tutto alle ancelle, e insieme compiangevano Ettore. Tutte infatti sentivano nel cuore un oscuro presagio: temevano che l’eroe non sarebbe tornato vivo dallo scontro.